Inflamm-aging, lo stretto rapporto tra invecchiamento e infiammazione
Il concetto di Inflamm-aging è oramai conosciuto: questo nome è formato dalla crasi delle parole inglesi inflammation e aging e mette in relazione infiammazione e invecchiamento. Si tratterebbe, infatti, di un fenomeno in base al quale uno stato infiammatorio persistente di basso grado può accelerare l’invecchiamento.
Ciò non avviene soltanto nelle persone anziane, ma in tutte le fasi della vita: l’infiammazione, che di per sé è una risposta del corpo alle minacce, può diventare dannosa quando cronicizza, portando a una vasta gamma di malattie, dall’artrite al diabete, fino alla demenza.
Tuttavia, alcuni studi recenti invitano a guardare al fenomeno dell’invecchiamento da un’angolazione nuova. Non si tratta soltanto di un processo biologico inevitabile, ma di qualcosa che è profondamente influenzato dal contesto sociale, dall’ambiente e dalle condizioni di vita. Le disuguaglianze, l’inquinamento e lo stress cronico contribuiscono a creare un terreno fertile per l’infiammazione cronica, accelerando l’invecchiamento delle cellule.
Studi scientifici sull’inflamm-aging
Diversi studi scientifici[1] hanno analizzato il fenomeno dell’inflamm-aging e hanno rilevato come l’infiammazione cronica indebolisca gradualmente il sistema immunitario, in un processo chiamato immunosenescenza. Questa condizione rende il nostro organismo più vulnerabile a infezioni e malattie croniche man mano che invecchiamo.
Si è notato, per esempio, che gli uomini anziani tendono ad avere una maggiore attività dei moduli infiammatori rispetto alle donne, e questo potrebbe spiegare la maggiore longevità delle donne. Inoltre, si è visto come i centenari abbiano un sistema immunitario capace di gestire meglio l’infiammazione, il che sembra contribuire a una vita più lunga e in salute.
L’inflamm-aging, dunque, è strettamente collegato alla senescenza cellulare: durante l’invecchiamento, molte cellule smettono di funzionare correttamente e rilasciano molecole che aumentano ulteriormente l’infiammazione. Si genera pertanto un effetto a doppio senso, in cui l’infiammazione causa più senescenza cellulare e, viceversa, l’invecchiamento cellulare aumenta l’infiammazione, motivo per cui i tessuti e gli organi vengono danneggiati e aumenta il rischio di malattie legate all’età.
Anche il sistema immunitario è coinvolto in questo processo. Le cellule immunitarie, che sono normalmente responsabili della rimozione delle cellule danneggiate, sono esse stesse colpite dall’infiammazione cronica, riducendo la loro capacità di difenderci dalle malattie. Questo processo di immunosenescenza è, dunque, una delle ragioni principali per cui le persone anziane sono più suscettibili alle infezioni e ad altre malattie croniche.
Questi studi suggeriscono che per ridurre gli effetti dell’inflamm-aging è fondamentale adottare strategie antinfiammatorie, come mantenere una dieta equilibrata, fare attività fisica regolare e gestire lo stress.
Il legame tra stress cronico e inflamm-aging
Lo stress cronico non è provocato solamente dalle situazioni quotidiane, come siamo comunemente abituati a pensare. Esiste infatti un rischio di aumento dell’infiammazione legato allo stress sociale, che abbraccia una vasta gamma di situazioni, non solo personali.
Quando siamo sottoposti a stress di tipo sociale, come essere esclusi o discriminati, il nostro corpo reagisce aumentando la produzione di molecole infiammatorie. Questo processo è stato osservato in studi[2] in cui i partecipanti, esposti a situazioni di rifiuto sociale, hanno mostrato un incremento significativo di marker infiammatori, come l’interleuchina-6 (IL-6).
È stato anche osservato che alcune aree del cervello, come la corteccia cingolata anteriore e l’insula anteriore, diventano molto attive quando le persone affrontano esperienze di rifiuto. Queste regioni del cervello sono coinvolte nella gestione delle emozioni negative e del disagio emotivo. La loro attivazione porta a una maggiore produzione di molecole infiammatorie, contribuendo a uno stato di infiammazione cronica. Questo significa che lo stress sociale non solo ci fa sentire male emotivamente, ma può avere un impatto reale e dannoso sulla nostra salute fisica, accelerando il processo di invecchiamento.
Quando siamo stressati, il cortisolo, conosciuto come ormone dello stress, viene rilasciato per aiutare il nostro corpo a gestire la situazione. Tuttavia, se i livelli di stress rimangono alti per molto tempo, il rilascio costante di cortisolo contribuisce all’infiammazione cronica, danneggiando i tessuti e aumentando il rischio di malattie legate all’età. Anche in questo caso si ha un effetto a doppio senso: lo stress aumenta l’infiammazione, l’infiammazione causa danni al corpo e questi danni aumentano ulteriormente lo stress.
Il contributo di Rupa Marya e Raj Patel sull’inflamm-aging
Un punto di vista innovativo sull’inflamm-aging è quello offerto dagli studiosi Rupa Marya e Raj Patel, i quali sostengono che l’infiammazione cronica non è solo il risultato di fattori biologici, ma anche una risposta alle condizioni sociali e politiche in cui le persone vivono. In particolare, l’infiammazione cronica può essere vista come una sorta di termometro sociale, ovvero un indicatore del disagio vissuto dalle comunità.
Vivere in condizioni di precarietà economica, con accesso limitato a risorse di base come cibo sano, assistenza medica e sicurezza ed essere esposti a ingiustizie e a disuguaglianze sociali influirebbe direttamente sullo stato di salute delle persone: in questo senso, l’infiammazione non sarebbe solo un problema individuale, ma un riflesso del contesto in cui si vive.
Per contrastare efficacemente l’inflamm-aging, è dunque necessario un cambiamento sistemico che miri a creare una società in cui tutti abbiano le stesse opportunità di vivere in salute, riducendo così lo stress cronico e l’infiammazione che ne deriva.
Fonti:
Rupa Marya e Raj Patel, Infiammazione. Medicina, conflitto e disuguaglianza, 2022, pp. 32-35