Haka della Nuova Zelanda: da danza di guerra a rito degli All Blacks
Non occorre essere appassionati di rugby per aver sentito parlare dell’Haka degli All Blacks. Chiunque abbia seguito qualche partita della nazionale neozelandese non può essersi lasciato sfuggire il rito propiziatorio che precede ogni partita.
Se da qualcuno è considerato un rito terrorizzante, altri, invece, ne sono affascinati e lo apprezzano per la storia e la dimostrazione di forza che si cela dietro ai gesti plastici e alle parole pronunciate dai giocatori.
Comunque la si veda, è una celebrazione unica nel suo genere, capace di ammutolire gli avversari.
L’origine dell’Haka: una danza di guerra o danza celebrativa?
L’origine dell’Haka è molto antica, per quanto controversa. Secondo alcuni risalirebbe a una consuetudine dei guerrieri Maori usata prima di una battaglia. I Maori negli scontri con i nemici avrebbero usato questa danza con una duplice funzione:
- All’interno del loro villaggio, la danza sarebbe servita per caricarsi a vicenda e per affrontare con coraggio la battaglia.
- Sul campo di battaglia, invece, avrebbe avuto la funzione di mostrare la propria convinzione agli avversari con l’intento di impressionarli e, quindi, annichilirli.
Secondo questa ipotesi, solo in un momento successivo l’Haka sarebbe diventata una danza celebrativa in occasioni solenni e nelle feste.
Invece, altre opinioni ritengono che nulla avrebbe a che vedere con la guerra. Sarebbe invece l’espressione dei sentimenti interiori: forza, vigore, ma anche passione e senso di identità verso la propria etnia.
Certo è che col passare del tempo l’aspetto cerimoniale ha preso il sopravvento. Con l’Haka vengono accolti gli ospiti, viene dato il benvenuto e vengono anche celebrati i funerali.
L’Haka nel rugby
L’introduzione dell’Haka nel rugby è ormai una tradizione consolidata da decenni.
Già nel 1888 si registra la prima testimonianza di questa danza in gare di livello internazionale, per quanto non ufficiali. Fu il giocatore neozelandese Joseph Warbrick a organizzare un tour per la selezione di nativi neozelandesi, chiamata “1888–89 New Zealand Native football team”, in vari paesi tra i quali Gran Bretagna, Irlanda, Australia e Nuova Zelanda.
Fu questa squadra, composta sia da Maori sia da nativi neozelandesi di pelle bianca, detti Pākehā, a intonare per la prima volta l’Haka.
Da allora l’Haka è entrato nella tradizione delle gare di rugby: nel 1905 venne intonato per la prima volta dalla nazionale ufficiale e per la prima volta venne utilizzato l’appellativo di All Blacks, grazie alla divisa completamente nera.
I vari tipi di Haka nel rugby
Non esiste un solo tipo di Haka, ma ne sono utilizzati diversi, di cui uno creato dagli All Blacks stessi:
- Ka Mate: è l’Haka più classico, quello che gli All Blacks intonano subito dopo l’esecuzione degli inni nazionali. È un Haka intenso con una mimica particolarmente vigorosa. È piuttosto breve e trasmette forza ma anche senso di libertà e di appartenenza. Non sarebbe, infatti, una danza di guerra, come invece si pensa normalmente, anche perché non vengono usate armi.
- Peruperu: questa è una variante che farebbe riferimento alla guerra, come dimostrato dalla presenza di armi. La sua caratteristica principale, oltre alle armi, è quella di essere costituita da numerosi saltelli in alto con le gambe che si piegano all’indietro. In alcune esibizioni gli All Blacks aggiungono al Ka Mate un salto conclusivo che prende spunto da questa Haka.
- Kapa o Pango: gli All Blacks lo hanno inventato per usarla nelle loro gare e per cerimonie speciali. Scritta nel 2005, è stata progettata a tavolino, non senza però darle una credibilità: infatti sono stati interpellati studiosi della cultura e delle tradizioni maori per renderla più verosimile possibile. A dire il vero, non sostituisce la Ka Mate, ma la completa inserendo parole e gesti che hanno maggior attinenza con il rugby e che intimoriscono gli avversari.
- Tena Koe Kangaroo: è un Haka utilizzato per la prima volta nel tour australiano della nazionale neozelandese nel luglio del 1903. Le parole fanno ironicamente riferimento ai canguri: “Stai attento, canguro! La Nuova Zelanda ti invade. Peggio per te!”
- Ko Niu Tireni: questo Haka, detto “Haka degli invincibili”, venne intonato dagli All Blacks nel tour degli anni 1924-25, che si svolse in Gran Bretagna, Irlanda e Francia.
I gesti e le parole dell’Haka
Il senso celebrativo dell’Haka si concentra nel sentimento interiore di chi esegue questa danza. Spesso alcuni interpreti hanno specificato che il loro intento non era tanto rivolto a spaventare l’avversario, quanto a recuperare una autocoscienza in grado di dare forza a loro stessi.
Energia e forza, quindi, ma anche consapevolezza del gruppo, senso di appartenenza, libertà e gioia.
La mimica utilizzata e le parole scelte scatenano tutta la potenza del loro significato. Il corpo si apre e prende consapevolezza di sé: è per questo che gli occhi si aprono e, talvolta roteano; i denti si mostrano e stridono; la lingua esce dalla sua sede naturale e si mostra in tutta la sua lunghezza. Gli arti poi, si piegano in una sorta di ginnastica tribale che libera tutto il coraggio guerriero: si battono gli avambracci, si percuote il petto, le gambe possono passare da una posizione ferma e ben piantata a piegarsi o a saltare.
In realtà, il corpo si fa strumento e permette di creare una sorta di musica ritmata che si accompagna alle parole. Il ritmo, poi, è fondamentale: favorisce uno schema ordinato ed eseguito all’unisono, senza dare la sensazione di ingabbiare la libertà personale, anzi stimolandola.
Ecco che le parole del Ka Mate assumono un significato ancora più profondo: gli incitamenti a battere le mani contro le gambe, a muoversi e a sbattere i piedi (“Batti le mani contro le cosce / Piega le ginocchia / Sbatti i piedi più forte che puoi֨”), sono seguiti dal richiamo alla morte e alla vita, che sono parte dell’esistenza di tutti (“È la morte, è la morte! / È la vita, è la vita!”). Ma alla fine c’è posto per la gioia e per affrontare le difficoltà con coraggio: “Ancora uno scalino, ancora uno scalino, un altro / fino in alto, il sole splende!”.