Il Pilates serve a prevenire i virus?
In tempo di pandemia, molti si chiedono se veramente si possano ridurre le possibilità di contagio rinforzando il sistema immunitario con esercizi di ginnastica e con discipline sportive.
C’è chi sostiene, per esempio, che discipline come il pilates siano in grado di migliorare le condizioni fisiche-atletiche tanto da permettere all’organismo di reagire in modo più efficace di fronte a malattie molto contagiose e pericolose per la salute pubblica.
Oggi si parla di coronavirus mentre, circa un secolo, fa fu la cosiddetta epidemia di spagnola a causare milioni di morti in tutta Europa.
Già allora, pare, la pratica del pilates fu utile a proteggersi.
Pilates: storia e origini di una disciplina
Il pilates, disciplina che negli ultimi anni ha avuto una notevole diffusione in tutto il mondo, prende il nome dal suo inventore Joseph Pilates, le cui vicende hanno assunto un sapore di leggenda.
Nato in Germania nel 1880, si racconta che fosse un bambino debole e malaticcio e che desiderava diventare uno sportivo dal fisico prestante. Si esercitò tanto, soprattutto con il body building, e fin da adolescente iniziò a lavorare come modello per disegni di tipo anatomico.
Da adulto divenne pugile professionista ed emigrò in Inghilterra dove lavorò come insegnante di tecniche di autodifesa e come acrobata.
Durante la prima guerra mondiale fu imprigionato per via delle sue origini tedesche e durante il suo internato studiò l’abbinamento dell’esercizio fisico al fine di una perfetta coordinazione tra mente, corpo e spirito , fino a consolidare una vera e propria disciplina, nota appunto come pilates.
Dopo la guerra rientrò in patria e studiò la teoria del movimento con la collaborazione di Rudolf Laban, considerato oggi uno dei massi teorici della danza.
Dopo breve tempo si stabilì negli Stati Uniti, dove la sua tecnica, che egli stesso aveva denominato “Controlology”, iniziò ad avere un notevole successo.
Il pilates e l’epidemia di spagnola: che relazione hanno
Tra le vicende legate alla figura di Joseph Pilates, si annovera anche un aneddoto che avrebbe a che fare con l’epidemia di spagnola.
Tra il 1918 e il 1920, infatti, si scatenò una terribile epidemia di influenza, ribattezzata come spagnola in quanto i giornali spagnoli furono i primi a darne la notizia.
In quel periodo Joseph Pilates era internato nell’isola di Man, dove inizialmente svolgeva mansioni di infermiere verso i soldati che erano stati feriti e che avevano bisogno di riabilitazione e poi, nel corso del tempo, lavorò con sempre maggiore efficacia al loro recupero fisico.
Si narra che nonostante la malattia si abbattesse con particolare violenza proprio nei campi di prigionia, dove provocava percentuali altissime di morti, nessuno dei seguaci di Pilates morì.
Attualmente, in epoca di pandemia, questa vicenda è tornata attualissima, soprattutto da parte di chi sostiene che una buona preparazione fisica sia fondamentale per prevenire le malattie.
L’attività fisica per prevenire le malattie e aumentare le difese immunitarie
Nel caso di Joseph Pilates e dell’efficacia della sua disciplina nella prevenzione della spagnola è difficile avere conferme in quanto, al di là di ciò che è stato raccontato negli anni, non vi sono dati e analisi condotte su base scientifica che lo confermino.
Che ci sia un fondamento di verità è possibile, anche se sulla tematica che riguarda il rapporto tra attività fisica e difese immunitarie vanno fatte alcune precisazioni inn base a ciò che recenti studi scientifici hanno portato alla luce.
Dagli studi risulterebbe che, generalmente, chi svolge regolare attività fisica moderata riduce di un terzo le probabilità di contrarre infezioni respiratorie rispetto a chi conduce un tipo di vita sedentario. Altri studi hanno registrato che le persone che si allenano almeno due volte alla settimana mediamente fanno circa la metà di assenze dal lavoro per influenze stagionali o raffreddori rispetto a chi non si allena.
Per contro, parrebbe altrettanto vero che l’attività agonistica intensa potrebbe essere controproducente: il 7% circa degli atleti riporterebbe episodi di malattia durante competizioni importanti della durata di 2-3 settimane. Inoltre, dopo performance sportive come maratona, il rischio di infezioni respiratorie sarebbe di 2-6 volte superiore alla norma. Ciò sarebbe provocato dal fatto che lo sforzo intenso muscolare provoca aumento di ormoni come l’adrenalina e il cortisolo che ostacolano l’attività dei globuli bianchi. Si tratterebbe della cosiddetta “open window”, ovvero una finestra temporale che va dalle tre ore alle settantadue successive alla competizione, in cui il sistema immunitario non sarebbe in grado di rispondere correttamente all’attacco delle infezioni.
Situazione diversa, tuttavia, è quella che si configura quando l’attività sportiva è moderata, come l’attività aerobica svolta con il pilates.
Gli sport aerobici, infatti, sembrerebbero quelli più adatti a ridurre il rischio di contrarre infezioni virali, sebbene vi siano anche influenze dovute allo stile di vita e alla risposta individuale.
Di conseguenza, si potrebbe concludere che intensità, durata e frequenza di allenamento sono fondamentali per dosare gli sforzi e migliorare l’attività del sistema immunitario.