Allyson Felix: quando essere mamma e atleta è possibile
Fino ad alcuni anni fa le atlete che tornavano a gareggiare dopo una gravidanza erano più un’eccezione che la regola. Spesso la maternità coincideva, infatti, con il ritiro dalle competizioni.
La gestione della propria attività agonistica non è sempre facile dopo il parto per motivi pratici ma anche psicologici e, in qualche caso, economici.
Oggi, però, la situazione sembra essersci modificate e le sportive che scelgono di avere figli mentre sono in piena attività sono sempre di più.
Se già in tempi recenti si sono avuti esempi importanti di mamme-atlete di successo, come la campionessa Serena Williams, recentemente è diventata simbolo di questa nuova tendenza la velocista Allyson Felix, capace di vincere la medaglia d’oro ai mondiali di atletica a soli dieci mesi dal parto.
La storia di Allyson Felix
Oggi la chiamano la supermamma. Allyson Felix, velocista statunitense di 34 anni, nell’autunno del 2019 ha vinto il suo dodicesimo oro mondiale, nella staffetta 4×400 mista. Il fatto che abbia battuto il record di Usain Bolt, fermo a undici ori, sarebbe già di per sé molto, ma c’è di più.
L’atleta statunitense, infatti, ha raggiunto questo record a soli dieci mesi dal parto. Per di più un parto complicato, certamente diverso da come Allyson se lo era immaginato.
Alla trentaduesima settimana le è stata diagnosticata la preeclampsia, una complicanza che ha messo a rischio mamma e figlia e ha spinto i medici ad optare per un parto cesareo dl’urgenza. La bimba della Felix, Camryn, è stata tenuta in terapia intensiva per un mese prima di poter tornare a casa.
Nonostante tutte le difficoltà incontrate, la velocista americana non ha perso fiducia nelle sue capacità e ha ripreso ad allenarsi non appena le sia è stato possibile. Tuttavia, non è stato facile: per un certo periodo dopo il parto cesareo, il suo corpo le permetteva solo di camminare. Poi, gradualmente, ha potuto ricominciare a fare qualche corsetta, quindi un po’ di jogging e solo dopo due mesi a fare i primi esercizi.
Poi,In seguito i suoi allenamenti sono tornati regolari: in pista cinque o sei volte alla settimana per un massimo di tre ore, oltre a sessioni in palestra due o tre volte alla settimana.
La medaglia d’oro ottenuta d’oro nella staffetta ai Mondiali del Qatar pare, dunque, un bellissimo completamento di una tenacia invidiabile e di un impegno costante. Le piccole grandi difficoltà di far convivere la vita di mamma con quella di agonista non l’hanno fermata. Per un’atleta, per esempio, è necessario riuscire a dormire il giusto numero di ore e all’inizio per Allyson questo non era sempre possibile. Inoltre, l’allattamento condiziona l’organizzazione pratica e impegna fisicamente.
Ecco perché il suo successo appare ancora più fulgido e di grande stimolo per tutte le atlete che vogliano continuare nella loro professione senza rinunciare alla maternità.
Non solo la Felix: le altre mamme atlete
Il bellissimo successo della Felix, per quanto paradigmatico, si inserisce in un recentissimo quadro sociale in cui le atlete hanno iniziato a rivendicare il diritto di essere madri e atlete.
Sono sempre più numerose le atlete capaci di riprendere la loro attività agonistica e ritornare a vincere anche dopo il parto.
Serena Williams, per esempio, nel 2018 si è classificata al secondo posto nel prestigioso torneo internazionale di Wimbledon, appena pochi mesi dopo il parto. Anche nel 2019 i successi non le sono mancati: ancora in finale a Wimbledon, agli US Open e a Toronto e ritorno nei top 10 del ranking.
Anche in Italia le mamme vincenti hanno dato il loro esempio alle più giovani: la canoista Josefa Idem, per esempio, ha vinto quasi tutte le sue medaglie olimpiche da mamma, mentre Valentina Vezzali, una delle migliori schermitrici di sempre, è riuscita a tornare sul podio olimpico anche dopo la maternità.
Martina Valcepina, campionessa azzurra di short track, è invece tornata sul podio alle olimpiadi della Corea del Sud dopo essere diventata mamma di due gemelline. La sua è una storia tanto particolare quanto interessante: l’atleta azzurra aveva scoperto di essere incinta 4 anni prima, in un’altra olimpiade. Si trovava nel villaggio olimpico di Sochi e aveva dovuto decidere all’improvviso se gareggiare o meno. Scelse di partecipare e, in quell’occasione, vinse il bronzo nella staffetta azzurra di short-track.
Quattro anni dopo sono state proprio le sue bambine sugli spalti di Pyeongchang a incitarla e abbracciarla dopo la vittoria dell’argento.
Le difficoltà economiche di far convivere maternità e attività agonistica
Spesso la scelta di ritirarsi dalle competizioni o di rinunciare alla maternità ha anche motivi economici. Le atlete professioniste spesso vivono grazie ai loro successi o agli sponsor.
In Italia, una recente legge sulle mamme-atlete ha creato un fondo di un milione di euro all’anno per tre anni, in modo da offrire alle atlete in maternità un contributo mensile, che permetta loro di seguire la famiglia e sospendere momentaneamente le attività sportive.
Forse proprio sulla spinta di una rinnovata opinione pubblica e dei begli esempi arrivati dai successi sportivi di atlete come la Williams, l’Ufficio per lo sport del governo ha sostenuto la misura a favore nelle sportive che scelgano la maternità.
Grazie al Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano, istituito nel 2018 e già finanziato per il triennio 2019-2021, ogni atleta in maternità potrà accedere a questo contribuito.
Condizioni indispensabili per averne diritto sono:
- L’atleta deve svolgere in modo esclusivo o prevalente una attività sportiva riconosciuta dal Coni;
- Non deve avere altra attività lavorativa che permetta di percepire maternità;
- Non deve fare parte delle forze dell’ordine;
- Deve avere un reddito inferiore ai 15.000 euro annui. Non deve percepire assenza di redditi derivanti da altra attività per importi superiori a 15.000,00 euro lordi annui
Inoltre, l’atleta per poter accedere al contributo di mille euro al mese per 10 mesi deve dimostrare di avere avuto risultati di altissimo livello, come partecipazione a Olimpiadi, Coppe del Mondo, Campionati nazionali o essere stati selezionati nelle nazionali per gare ufficiali.
Un primo passo avanti perché atlete come la Felix possano continuare nelle loro imprese senza, per questo, dover rinunciare alla famiglia.